È passata una sentenza storica, che vieta le preghiere di massa nei centri islamici e nelle piazze a seguito dei tre giorni di celebrazioni.
Sono appena trascorsi i tre giorni di celebrazioni per l’Eid al-Fitr, ossia la festa per la fine del digiuno, al nono mese del Ramadan, periodo sacro ai musulmani e fondamentale per tutte le comunità islamiche presenti nel mondo, dunque anche in Italia. Eppure, in un Comune, si è deciso di interrompere per sempre queste “affollate” celebrazioni, perché creano disordini e perché non organizzate in strutture idonee.

È successo a Monfalcone, dove il Comune ha protestato contro le preghiere di massa nei centri islamici e nelle piazze, facendo ricorso al Consiglio di Stato, l’organo massimo della giustizia amministrativa, il quale ha annullato la decisione del Tar che dava ragione ai sindacati e alla comunità islamica presente sul territorio. Una battaglia durata quasi due anni e guidata dal dirigente tecnico all’urbanistica di Monfalcone Marco Marmotti.
A Monfalcone vietate le preghiere di massa per gli islamici, esulta la comunità
Esulta la comunità, ora che le preghiere di massa per gli islamici sono state definitivamente vietate, poiché, come si legge tramite il post dell’eurodeputata Anna Maria Cisint, sindaco di Monfalcone e membro della Lega, “Finalmente una svolta sulle pretese islamiche di poter gestire le strutture non rispettando le nostre leggi”. Il giudizio è definitivo e non appellabile.
Nonostante la storica sentenza, non si vieta alla comunità islamica di poter pregare. Tuttavia, sono vietate le preghiere di ampi gruppi, in massa, che provocano disagi alla cittadina e violano le leggi della comunità. Inoltre, i centri culturali che ospitano le preghiere sono da due anni obbligati a ripristinare le originarie destinazioni d’uso, visto che sono immobili ad uso commerciale ma ormai adibiti a sedi musulmane, cosa illegale.

Lo scorso anno, il Tar si era schierato con la comunità musulmana, dando ragione alle associazioni e protestando contro la decisione del Comune. Ora, il Consiglio di Stato ha dato ragione al Comune di Monfalcone, sottolineando che un immobile destinato per il culto religioso debba essere a norma, cosa che le due sedi del paese non sono. I centri islamici, dunque, non possono cambiare la destinazione d’uso delle strutture.
Non una contestazione di stampo razziale ma urbanistico: preghiere nei luoghi di culto idonei
Dunque, non si tratta di una contestazione di stampo razziale, ma urbanistica, poiché, come evidenziato dal Consiglio, “il carico urbanistico correlato a un luogo di culto non può considerarsi omogeneo a quello di un’attività commerciale”. Tra l’altro, come accennato, le preghiere di massa hanno creato nel tempo anche forti disagi in paese: il forte afflusso di persone in preghiera ha bloccato la circolazione stradale e pedonale.

Il sovraffollamento, si parla di 250 persone in media, raccolte in preghiera, sono causa di forti disagi a Monfalcone. La preghiera, dunque, dovrebbe essere frazionata in piccoli gruppi di persone, per non creare problemi. Inoltre, le preghiere devono avvenire in luoghi di culto idonei. Quella di Monfalcone è una sentenza storica.